Flop DAD nei test INVALSI. Gli psicologi spingono per una ripresa in presenza.
Ci risiamo. L’apertura dell’anno scolastico, con docenti ed alunni in presenza, è fortemente in dubbio. Quasi trecentomila insegnanti non si sono ancora vaccinati. Si balbetta sul da farsi, al punto che quasi siamo obbligati ad essere pessimisti. Intanto gli studenti potrebbero accedere in classe solo se in possesso di green pass. Poi ci sono gli umori multicolori dei cosiddetti governatori che sembra facciano (come sempre) ognuno per proprio conto. I trasporti saranno sufficienti? Le aule saranno sanificate?
La DAD, lo strumento alternativo alle lezioni in presenza, si è dimostrata fallimentare e le conseguenze, rese note in questi giorni dall’INVALSI, sono una autentica catastrofe per l’istruzione nel nostro Paese.
Si registra infatti una riduzione sensibile nel grado di apprendimento dell’italiano e della matematica. Delle tre materie oggetto dei test, si difende bene solo la lingua inglese, sia listening che reading. Si pensi che su base nazionale gli studenti che non raggiungono risultati adeguati sono il 44% per l’italiano e il 51% per la matematica, in pratica +9% rispetto ai test del 2019 (gli ultimi effettuati). E cresce, ancora una volta, il divario tra il centro-nord e il meridione del Paese nel quale il contesto economico-sociale-culturale risulta evidentemente più sfavorevole agli studenti. Il 44 e il 51 appena accennati, se disaggregati, diventano 64% e 73% per la Campania: sono quasi attaccate le altre regioni del sud. Gli studenti che hanno affrontato l’esame di maturità fanno registrare, per l’inglese, percentuali, sotto il minimo di competenza, da capogiro. Dal 61 al 68% in Campania, Calabria, Puglia, Sicilia, Sardegna e Basilicata.
Ancor di più preoccupano le conseguenze psicologiche causate dalla Didattica a Distanza. Insieme con un sensibile calo di concentrazione, si registrano ansia e stress dovuti principalmente alle ore che gli studenti, grandi e piccoli, passano alle prese con pc o smartphone: se prima bastavano due ore di “digitale” ora ne occorrono circa sette. Le conseguenze sono oggetto di studio di psicologi e neurologi. Il dottor Alberto Mariani, neurologo, afferma che: “il lobo centrale del cervello, con stimoli ripetuti che provengono da input digitali, non riesce a fissare il ricordo, provocando una caduta dell’apprendimento per deficit di attenzione e memoria. Nel nostro caso, la DAD altera la metabolizzazione dell’apprendimento scolastico, non riuscendo a trasformarlo in esperienza concreta”. E ancora: “Con dati alla mano relativi all’indice di contagiosità tra i giovani, col massimo rispetto delle norme igieniche, si può certamente riconsiderare la loro frequenza”. Quanto detto porta a chiedersi: riusciranno le istituzioni a prenderne atto? Saremo al passo con i partner d’Europa? Soprattutto la classe politica, e non solo, riuscirà a dare un ruolo urgentemente decisivo e primario all’intero mondo della Scuola?