Il ricordo di Lucio Dalla, autodidatta geniale.
Dieci anni fa ci lasciava Lucio Dalla. Non uno qualsiasi. Un artista che in ben cinquant’anni di carriera è riuscito a cantare e scrivere di tutto. Dal Jazz al pop, passando per il soul e il beat. E non solo. Il musicista Lucio ci ha trasmesso emozioni e testi mai banali, conditi da arrangiamenti eleganti, aggressivi, spesso improvvisati, quasi sempre in chiave jazzistica che rimarcavano gli amati ritmi sincopati. Dalla insomma risulta essere un artista dal talento straordinario che con l’immancabile clarinetto già a sedici anni riusciva ad esaltarsi, pur non essendo uno “studioso” di musica. Qualcuno, agli inizi, lo ha addirittura subìto: Pupi Avati, il regista, suo conterraneo e suo grande amico, venne letteralmente oscurato dal piccoletto.
Il sogno di affermarsi come clarinettista jazz apparteneva ad entrambi ma il “principiante e scarso” Lucio degli inizi surclassò in brevissimo tempo l’apprezzato antagonista al punto da fargli di botto deporre lo strumento e, di fatto, aprirgli la gloriosa carriera cinematografica. Con un affettuoso aneddoto il regista bolognese ha più volte confessato la voglia di catapultarlo giù dalle guglie della Sagrada Familia di Barcellona durante una loro tournée. Poco più che un ragazzino riusciva a collaborare con nomi importanti del panorama jazzistico internazionale, uno fra tutti Chet Baker. Più tardi anche con Michel Petrucciani.
Solo in una seconda fase della carriera Dalla ha scritto testi per le sue canzoni. Per lungo tempo si è affidato alle parole di Sergio Bardotti e Gianfranco Baldazzi. Fino al ’73, quando Lucio cambia registro: si intende al volo col poeta concittadino Roberto Roversi, ne nasce un nuovo sodalizio che lo farà approdare nella canzone d’autore. È il periodo più politico del musicista. I testi sono di grande spessore così che Dalla canterà temi sociali quali proletariato, ecologia, immigrazione, speculazione edilizia. Non faticherà più di tanto a schierarsi con l’operaio collocandosi senza veli in un’area marcatamente di sinistra, pur essendo un convinto cattolico al tempo stesso. In meno di un lustro viene meno anche il rapporto con Roversi. Il musicista, in piena maturità artistica, proverà a cimentarsi anche nei testi delle proprie canzoni. Vi riuscirà alla grande. Inizia così il periodo più fulgido della sua carriera. Parliamo del tempo a cavallo tra la fine degli anni ’70 e gli ’80 fino a buona parte dei ’90. Ci piace ricordare il primo album di questo nuovo corso, “Come è profondo il mare”.
Lucio ottiene un successo inaudito che lo colloca tra i grandi della musica leggera. Poco dopo, nel 1978, la collaborazione con Francesco De Gregori. Nell’estate del ’79 Banana Republic. Il Tour è davvero sensazionale. L’esibizione del duo negli stadi costituisce una novità assoluta, un approccio col pubblico impensabile fino ad allora. La canzone d’autore arriva alla grande platea. La nascita degli Stadio evoca proprio la nuova location dei concerti. Si tratta in effetti della stessa band di Dalla che cambia nome. Il complesso, di cui Gaetano Curreri sarà il nuovo frontman, sarà per dieci anni al fianco dell’artista bolognese. “Caruso”, il brano forse più rappresentativo del cantautore emiliano, fa parte proprio di un doppio album (DallAmeriCaruso) registrato durante una tournée statunitense nel marzo del 1986.
A chiudere gli anni ’80 c’è poi un vero e proprio compromesso storico nella musica leggera. Si uniscono per un progetto musicale Dalla e Morandi. Funzionerà tutto alla perfezione. L’album prodotto dai due amici artisti porta i loro stessi nomi e propone quindici brani, tra successi “scambiati” e pezzi nuovi di zecca cui collaborano Mogol per i testi e Lavezzi per la musica. Ma anche Battiato, Ron e lo stesso Curreri. La strana coppia si esibirà anche all’estero in un Tour memorabile di oltre cento serate. “Vita”, il brano principe della raccolta, segnerà un ritorno alla grande di Gianni Morandi nell’universo musicale italiano. L’album del 1990 “Cambio” segna l’ennesimo rinnovamento di Lucio, una rimodulazione della veste musicale dell’artista, una virata radicale verso il genere pop che traccerà la parte finale di una carriera formidabile. Con “Attenti al lupo” canteranno davvero tutti.
Questo era Lucio Dalla. Un artista geniale, poliedrico, difficile da imitare, non facile da classificare.